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La vita

Anche nell’ombra più fitta, una sola foglia può trattenere la luce.
È lì che si nasconde la speranza: nel colore che rimane,
nella forza sottile di continuare.

Il Carso e la natura sanno insegnare senza parole: mostrano come resistere al vento, fiorire nella pietra e trovare forza anche dove sembra non esserci nulla.

Il Ciclamino superstite

Sono un po’ spettinato, lo ammetto… e i miei petali portano i segni del vento e della pioggia.
Ho tremato sotto la prima neve, ma non mi sono arreso.
Sono ancora qui, tra le foglie umide del sottobosco, piccolo ma tenace, a donare un tocco di colore al respiro silenzioso della terra.


Mi chiamo Ciclamino — dal greco kyklos, “cerchio”. 
Il mio nome parla di cicli che ritornano, di rinascite silenziose, di forze che non si arrendono mai, del cammino ciclico che ogni creatura percorre.


Ogni mio fiore piegato dal freddo, ogni foglia che cade, annuncia soltanto un nuovo inizio.
Io cresco nei luoghi ombrosi, dove pochi guardano, eppure è lì che la mia forza trova spazio.

La delicatezza non è debolezza: è una forma di coraggio, silenziosa ma potente.

La Natura ti insegna la forza della dolcezza, la resistenza del cuore che non smette di credere nella luce.

Ricorda, anche tu sei parte di questo ciclo eterno: resisti, ma resta gentile.
Radicati, ma continua a fiorire.

Con affetto,
Il Ciclamino superstite 🌸

La bellezza nascosta dei funghi

Ogni autunno, quando le piogge iniziano a carezzare la terra e l’umidità si insinua nei boschi, qualcosa di straordinario accade: in silenzio, tra foglie cadute e legno in decomposizione, spuntano forme delicate e misteriose. Sono i funghi, testimoni silenziosi della vita che ciclicamente si rinnova. Eppure — quanti di noi si fermano davvero ad ammirarli?

I funghi portano con sé una dimensione simbolica: sono imprevisti, effimeri, enigmatici. Nascono, vivono e scompaiono con la rapidità della pioggia. In letteratura e nelle poesie, sono spesso paragoni, metafore: emergere dall’ombra, trasformare il decaduto, essere portatori di segreto. Ci sono anche alcune citazioni evocative che li citano… 

Questa dimensione poetica richiama l’attenzione su quanto spesso tendiamo a ignorare ciò che è minuto, nascosto, sorprendente.

Il prossimo bosco che percorrerai, rallenta. Osserva il tappeto di foglie, alza gli occhi (o forse abbassali) e cerca piccoli ombrelli, spirali, cupole silenziose. Tocca (senza cogliere), ascolta la quiete del muschio, scopri il dettaglio di un gambo, la trama di un cappello.

In quel momento, potrai afferrare quello che non si rivela subito: che la bellezza non è solo ciò che cattura lo sguardo, ma ciò che invita lo stupore.

Feronia

Le festività precristiane suscitano in me una profonda curiosità!

Ad esempio, oggi a Roma, si rendeva omaggio a Feronia, la divinità che protegge boschi e sorgenti, una guardiana che danza con le ombre e le creature selvatiche (diversa da Diana che era considerata più indomabile e ferina).
“Feronia” deriva dal latino “ferus”, traducibile come “selvaggio”, “non coltivato”, “libero”. Dalla medesima radice proviene la parola “fiera”, intesa come bestia selvaggia.

Primordiale Madre Natura degli antichi Romani, Feronia era anche associata a tutto ciò che emergeva spontaneamente dal sottosuolo, senza intervento umano, perciò rappresentata come dea della fertilità indomita e delle sorgenti.
Questo legame con le profondità la collegava all’inverno ormai vicino e alle divinità dell’aldilà. Anche per questo motivo, la sua celebrazione avveniva a novembre, mese legato ai riti funebri.
In questo periodo, la Natura si prepara a riposare, ma sotto la morsa del freddo la vita continua a prosperare. Le riserve per l’inverno, raccolte dagli antichi in questa stagione, erano fondamentali e associate soprattutto alla caccia. La prosperità degli animali nei boschi dipendeva da Feronia: rendere omaggio a questa dea era dunque cruciale per la sopravvivenza.

Feronia era quindi una divinità che proteggeva la natura ma era anche la dea della fecondità, anche dei dei campi. I contadini infatti ogni 13 novembre offrivano una parte del loro raccolto a Feronia, affinché poi il raccolto successivo potesse essere altrettanto rigoglioso.

Essendo una divinità pre-romana, Feronia richiama l’immagine di una sciamana, una figura mistica e primordiale, benevola verso coloro che vivevano nel suo regno.
Portava ordine nel disordine e generava la vita; le sue conoscenze restavano inaccessibili agli uomini “civili”, ma non per coloro che osavano avvicinarsi a lei.

Riflettendo, la natura selvaggia si trova nelle profondità di ciascuno di noi, inibita dall’egocentrismo e dalla illusoria sensazione di superiorità umana.
Feronia rappresentava un collegamento tra l’incolto, il selvaggio e quello che è coltivato: è un collegamento tra due sfere, naturale e civile, che dovrebbero coesistere in armonia, senza escludersi. È una dea mediatrice che favorisce il dialogo fra la selva e la città, fra il mondo manifestato e l’aldilà, fra invisibile e visibile, con una funzione sciamanica di passaggio fra i mondi. 

Armonia: la dea era proprio portatrice dell’armonia, sia nella natura che negli uomini. Era considerata una divinità che liberava i devoti da uno stato di vuoto e di prigionia e che li conduceva poi alla felicità. Era la dea della rinascita ed era particolarmente amata dagli schiavi. Ogni 13 novembre nei templi di Feronia avveniva una cerimonia che liberava gli schiavi dal loro stato di prigionia e che li rendeva liberi.

Feronia era dopotutto una dea libera come la natura e non poteva permettere che i propri devoti fossero degli schiavi.

L’animale sacro di Feronia era il Picchio, simbolo del fuoco e della forza creativa in molte culture indoeuropee. L’elemento fuoco, distruttivo e generativo, riflette l’idea di una foresta che utilizza il fuoco per liberarsi di piante morte e rinnovarsi. Molte specie infatti necessitano degli incendi per disperdere i loro semi nella cenere fertile.
Torna, quindi, il legame tra il regno dei defunti e quello dei vivi attraverso Feronia, dea del “sole nascente” che attende sottoterra prima di rivelarsi in un nuovo giorno, in armonia con il Creato.

Naturalmente fu demonizzata dalla chiesa, i suoi templi distrutti e le sue statue fatte a pezzi. Il suo culto era celebrato in particolare nell’area del Lazio e a Capena, dove si trovavano templi dedicati a lei, e le sue festività includevano rituali di offerta per garantire buone raccolte e salute.

Anche noi abbiamo bisogno di trasformazione e rinnovamento, come fiori che sbocciano dopo l’inverno. È nella profondità della nostra anima che si sviluppa la metamorfosi più intima, dove il nostro antico “Io” ha bisogno di dissolversi per lasciar spazio a un nuovo cammino, luminoso e ricco di cambiamenti.
In questo delicato periodo nel quale viviamo, è tempo di volgere lo sguardo verso la Madre Natura, riconoscendo che non siamo solo suoi discendenti, ma anche custodi delle sue meraviglie.
E allora che Feronia, la dea della rinascita e della crescita, illumini sempre il nostro sentiero, guidandoci verso scelte di amore e rispetto per la Terra.

Foiarola


Quando l’autunno abbraccia il Carso, i colori dello Scotano si trasformano in un’opera d’arte che danza tra il rosso, l’arancione e il giallo offrendoci un’esperienza visiva incantevole.

Per un attimo, ci lasciamo avvolgere da questa tavolozza, dimenticando che, al di sotto, si cela un altopiano roccioso calcareo, le cui rocce dure e bianche raccontano storie di tempi antichi.

Eppure, è proprio nel contrasto tra la tenacia di quelle rocce carbonatiche e la grazia del foliage della “foiarola” che si svela un’affascinante bellezza, un semplice scorcio di Carso che ci invita a fermarci, a respirare e a meravigliarci.

L’ingresso

Ogni tanto piace anche a me questa tecnica di ripresa (ICM).

Nella foresta silenziosa, dove le ombre danzano e la luce filtra come un sussurro, non ci attendono pericoli, ma un abbraccio sereno che ha il sapore di una saggezza antica e che ci permette di riscoprire il nostro benessere interiore.

Ogni volta che mi lascio avvolgere dal verde, durante le mie immersioni nel bosco, ogni ombra si trasforma in un’opportunità di rinascita, mentre ascolto il linguaggio muto della natura.

Ogni foglia che danza nel vento celebra la vita e la bellezza che ci circonda.

All’entrata della foresta, non ci troviamo di fronte a una strada per le tenebre (come ci hanno fatto credere nel passato), ma a un cammino verso la luce interiore.

Al prossimo anno

 

L’attenzione

Nel Carso in autunno si assiste a una danza di colori: giallo, arancione e rosso.

Nell’intricato intreccio dello scotano, qualche fogliolina resiste all’inevitabile evolvere della stagione.

L’autunno dura sempre troppo poco. E poco durano anche le giornate, ma forse questa brevità rende tutto così bello e speciale.

E non posso non pensare al principio giapponese del Mono No Aware, l’impermanenza, che in questa stagione in Carso si manifesta.

 

 

La luce calda del tramonto accende ancor di più i colori, saluto quest’ultima fogliolina rossa, da domani forse qui resterà solamente un groviglio di rami, spogli e nudi, in attesa della rinascita.

Light

Oggi parlavo con un’amica… parlavamo di passioni, di fotografia e di viaggi… Abbiamo parlato anche dell’Islanda.

Le ho raccontato di essere stata ospite di questa meravigliosa terra tante volte, di aver fatto tanti viaggi in stagioni diverse e davvero pensandoci non saprei quale è il periodo che mi è piaciuto di più. 

In questo ricordare e nel mio pensiero interiore però mi sono resa conto di quanto, oggi più che mai, amo la mia terra e di quanto sia importante per me portarle rispetto.

L’Islanda è sicuramente sorprendente, ricca in bellezze naturali ma laddove crescono le proprie radici, il legame è più profondo e più sincero, l’amore più puro. 

 

 

 

Angoli nascosti

In luoghi ancora poco conosciuti si trovano angoli di incredibile bellezza che in autunno danno il meglio di sé. 
In tutta l’Islanda, lo sappiamo, ci sono dei contrasti davvero affascinanti.

Qui ad esempio, in questo scorcio d’Islanda, sono stata rapita dalla bellezza dei caldi colori della vegetazione, i muschi verdi, le rocce laviche nere, il contrasto con l’acqua che scorreva limpida e fresca…

Non credo di esagerare dicendo che questo è un angolo di paradiso! 
Soprattutto ricordo che qui non c’era nessun turista, nessuna folla, nessun schiamazzo… E quato si che è incredibile in Islanda, in questa stagione!

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