Ogni autunno, quando le piogge iniziano a carezzare la terra e l’umidità si insinua nei boschi, qualcosa di straordinario accade: in silenzio, tra foglie cadute e legno in decomposizione, spuntano forme delicate e misteriose. Sono i funghi, testimoni silenziosi della vita che ciclicamente si rinnova. Eppure — quanti di noi si fermano davvero ad ammirarli?
I funghi portano con sé una dimensione simbolica: sono imprevisti, effimeri, enigmatici. Nascono, vivono e scompaiono con la rapidità della pioggia. In letteratura e nelle poesie, sono spesso paragoni, metafore: emergere dall’ombra, trasformare il decaduto, essere portatori di segreto. Ci sono anche alcune citazioni evocative che li citano…
Questa dimensione poetica richiama l’attenzione su quanto spesso tendiamo a ignorare ciò che è minuto, nascosto, sorprendente.
Il prossimo bosco che percorrerai, rallenta. Osserva il tappeto di foglie, alza gli occhi (o forse abbassali) e cerca piccoli ombrelli, spirali, cupole silenziose. Tocca (senza cogliere), ascolta la quiete del muschio, scopri il dettaglio di un gambo, la trama di un cappello.
In quel momento, potrai afferrare quello che non si rivela subito: che la bellezza non è solo ciò che cattura lo sguardo, ma ciò che invita lo stupore.
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